Perché ogni virtù dovrebbe agire nello stesso modo? I mercanti hanno i dollari, che siano loro a darli. I contadini daranno il grano, i poeti canteranno, le donne cuciranno, i bambini porteranno i fiori.
Così parlava, attorno alla metà dell’800, il filosofo trascendentalista americano Ralph Waldo Emerson nelle sue numerose conferenze, con garbo veemente e ricorrendo a immagini concretamente evocative. Era un grande oratore, un comunicatore eccellente e appassionato, i suoi discorsi incantavano i presenti. Non usava mezzi termini per spingere la platea degli ascoltatori a diventare non-conformisti. Sollecitava i convenuti ad agire per il bene portando alla comunità ciò di cui disponevano, non come averi ma come poteri, ovvero per ciò che ognuno sa fare e può fare. E’ interessante l’angolatura di pensiero di Emerson, uomo tanto amato dai suoi concittadini di Concord quanto inviso agli accademici di Harvard. Nel 1838, infatti, viene espulso dall’Università a causa di un discorso tenuto agli studenti di teologia, comunemente conosciuto come “Divinity School Address”, nel quale afferma che l’intuizione morale di ciascuno rappresenta una guida più efficace della dottrina religiosa ai fini del praticare il ‘sentimento morale’, ovvero ciò che gli individui in natura già “sentono” come giusto o sbagliato.
Perché dovremmo omologarci e spingerci tutti a fare le stesse cose? Soltanto perché altri lo fanno? Per inseguire le convenzioni sociali? Per il timore di essere giudicati se il nostro comportamento si distingue da quello comune?
Il conformismo non è inteso da Emerson soltanto come adeguamento passivo alle consuetudini sociali e di pensiero incardinate nel mondo esterno, ma anche e soprattutto come adeguamento passivo a sé stessi. Forse per inerzia, forse per evitare la fatica e l’impegno che una ‘ribellione’, o il recupero del proprio sé genuino, comportano.
E’ facile - scrive Emerson - vivere secondo l’opinione del mondo. E’ facile, nella solitudine, vivere secondo sè stessi. Ma un uomo grande è chi, nel mezzo della folla, conserva con perfetta dolcezza l’indipendenza della solitudine.
Originale la prospettiva di visione emersoniana: pone il tema dell’integrità dell’individuo-cittadino, che come tale è sempre e contemporaneamente in rapporto con sé stesso e con la comunità, attraverso il riconoscimento del valore del non-conformismo, che non è l’anti-conformismo. Non è l’”essere contro”, è l’”essere per”, tuttavia in chiave personale, secondo la propria coscienza, o anima, o natura, o costituzione come direbbe Emerson. Ciascuno, messo di fronte alle cose, siano esse il ‘bene’, la ‘guerra’, l’‘amore’, non deve farsi ostacolare dai loro ‘nomi’, ovvero da etichette o modi convenzionali di pensarli, piuttosto dovrebbe indagare se di bene, guerra o amore si tratta. Niente è sacro, se non l’integrità del proprio animo. E’ sbagliato solo ciò che va contro di essa, violandola. E spesso siamo noi per primi a contrastare la nostra stessa natura, ad avversare chi siamo e cosa vogliamo che di noi sia.
Così parlava, attorno alla metà dell’800, il filosofo trascendentalista americano Ralph Waldo Emerson nelle sue numerose conferenze, con garbo veemente e ricorrendo a immagini concretamente evocative. Era un grande oratore, un comunicatore eccellente e appassionato, i suoi discorsi incantavano i presenti. Non usava mezzi termini per spingere la platea degli ascoltatori a diventare non-conformisti. Sollecitava i convenuti ad agire per il bene portando alla comunità ciò di cui disponevano, non come averi ma come poteri, ovvero per ciò che ognuno sa fare e può fare. E’ interessante l’angolatura di pensiero di Emerson, uomo tanto amato dai suoi concittadini di Concord quanto inviso agli accademici di Harvard. Nel 1838, infatti, viene espulso dall’Università a causa di un discorso tenuto agli studenti di teologia, comunemente conosciuto come “Divinity School Address”, nel quale afferma che l’intuizione morale di ciascuno rappresenta una guida più efficace della dottrina religiosa ai fini del praticare il ‘sentimento morale’, ovvero ciò che gli individui in natura già “sentono” come giusto o sbagliato.
Perché dovremmo omologarci e spingerci tutti a fare le stesse cose? Soltanto perché altri lo fanno? Per inseguire le convenzioni sociali? Per il timore di essere giudicati se il nostro comportamento si distingue da quello comune?
Il conformismo non è inteso da Emerson soltanto come adeguamento passivo alle consuetudini sociali e di pensiero incardinate nel mondo esterno, ma anche e soprattutto come adeguamento passivo a sé stessi. Forse per inerzia, forse per evitare la fatica e l’impegno che una ‘ribellione’, o il recupero del proprio sé genuino, comportano.
E’ facile - scrive Emerson - vivere secondo l’opinione del mondo. E’ facile, nella solitudine, vivere secondo sè stessi. Ma un uomo grande è chi, nel mezzo della folla, conserva con perfetta dolcezza l’indipendenza della solitudine.
Originale la prospettiva di visione emersoniana: pone il tema dell’integrità dell’individuo-cittadino, che come tale è sempre e contemporaneamente in rapporto con sé stesso e con la comunità, attraverso il riconoscimento del valore del non-conformismo, che non è l’anti-conformismo. Non è l’”essere contro”, è l’”essere per”, tuttavia in chiave personale, secondo la propria coscienza, o anima, o natura, o costituzione come direbbe Emerson. Ciascuno, messo di fronte alle cose, siano esse il ‘bene’, la ‘guerra’, l’‘amore’, non deve farsi ostacolare dai loro ‘nomi’, ovvero da etichette o modi convenzionali di pensarli, piuttosto dovrebbe indagare se di bene, guerra o amore si tratta. Niente è sacro, se non l’integrità del proprio animo. E’ sbagliato solo ciò che va contro di essa, violandola. E spesso siamo noi per primi a contrastare la nostra stessa natura, ad avversare chi siamo e cosa vogliamo che di noi sia.

Il compito del “divenire chi si è” obbliga a infrangere il conformismo, a non guardare le cose sempre dallo stesso lato, quello che è permesso di guardare, bensì a lasciare la propria natura libera di esprimersi e di esporsi, fiduciosi.
Vilma Mazza | Pratiche filosofiche